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II.6 – La geografia del potere

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E. Salvatori, Il fegato del vescovo – II.6 – La geografia del potere

Per tentare di capire davvero l’accordo del 1202 si deve guardare al la realtà complessa e articolata dei dominî del periodo – come d’altronde facevano gli stessi protagonisti e – vedere nel concreto quale poteva essere il loro peso nelle relazioni reciproche. Trarre dalla documentazione superstite questi dati non omogenei nel formato, costruire una tabella di confronto e riuscire a visualizzarli correttamente su una mappa è un’operazione complicata, che impone approssimazioni anche rilevanti e che deve essere gestita con strumenti appositi1. Di conseguenza è necessario, prima di illustrare le mappe che seguono, spiegare brevemente quali sono le potenzialità e i limiti nella costruzione di un GIS storico come quello che si presenta nelle pagine che seguono e il modello dati che è stato adottato.

Da quando l’informatica ha iniziato a occuparsi di informazioni geografiche alla fine degli anni ’60, la potenza comunicativa della mappa si è arricchita di componenti importanti, soprattutto dal punto di vista della grafica e dei database. A partire dagli anni ’90, l’incredibile potenziale tecnico della telematica e le sue applicazioni sociali hanno trasformato la gestione e l’utilizzo delle informazioni geografiche, divenute uno potente strumento di facile fruizione da parte del pubblico, come dimostrano gli esempi ormai molto noti di GoogleMaps o OpenStreet Map2. L’unione tra cartografia tradizionale e informatica ha prodotto infatti il Sistema Informativo Territoriale o GIS, che può essere definito come un insieme coordinato di risorse (dati, competenze, logistica, strumenti informatici, infrastruttura di rete) dedicate all’acquisizione, integrazione, elaborazione, distribuzione e presentazione dei dati geografici. Gli strumenti GIS consentono all’utente di interagire con la mappa, ad esempio selezionando un elemento per ottenere informazioni sugli attributi dell’elemento stesso, altri documenti (testo, foto o video) o da altri servizi. Se in un GIS i dati visualizzati sono storici, o perché presi direttamente dalle fonti, o perché rielaborati in modo più complesso e mediato, l’interazione con l’utente è ovviamente basata su livelli dedicati a concetti storici e/o a informazioni. A differenza della cartografia tradizionale – dove le diverse tipologie di oggetti sono disegnate sullo stesso supporto -, in un GIS ogni tipologia di oggetto è gestita separatamente in un layer dedicato. Metto l’accento sulla parola “gestito” invece di “disegnato”, perché il GIS è dedicato a elaborare i dati, non necessariamente a disegnarli, anche se quasi sempre viene prodotta una mappa. I GIS presentano molti vantaggi rispetto alla cartografia tradizionale, che includono la possibilità di gestire un numero illimitato di livelli diversi e di descrivere entità con un numero illimitato di attributi. Un’altra caratteristica importante è la forte capacità espressiva nel disegnare una mappa, dovuta alla possibilità di selezionare il tipo di oggetto più adatto (layer) e di utilizzare una quantità di strumenti grafici (colore, simboli, linee, modelli 3D, ecc.)3.

Le enormi potenzialità dei GIS applicate in ambito storico non sono tuttavia esenti da problemi, in parte ereditati dal passato, ovvero dal tradizionale rapporto tra geografia e storia, e dall’altro legati alle peculiarità e complessità di un banca dati geografica. Osservando le mappe storiche tradizionali notiamo che di solito descrivono una situazione come un’immagine: la realtà è congelata in un certo momento, mentre per i dati storici il concetto di evoluzione è fondamentale. Questa impasse può essere superata in un GIS creando diversi livelli o lavorando sugli attributi dei dati, ma l’operazione non è facile e implica un ragionamento profondo sulla qualità del modello dati stesso, ad esempio stabilendo di operare su un intervallo cronologico predeterminato. Inoltre, in un GIS è relativamente facile disegnare i limiti amministrativi nel senso moderno del termine, ma non le realtà incerte e variabili come, ad esempio, i distretti castrensi nell’Italia del XII secolo. Questa incertezza può essere visualizzata in un GIS utilizzando particolari simbologie che esprimono criteri di probabilità, tecnica che però comporta una discreta padronanza dello strumento e buona dose di fiducia da parte dell’utente su quanto vede visualizzato.

In una mappa è possibile inquadrare lo spazio geografico scegliendo l’area e la scala, in modo da definire la parte di territorio visibile a schermo; analogamente, in un contesto storico, è importante definire l’intervallo di tempo cui la mappa fa riferimento. Nella fase di modellazione, la gestione delle variabili tempo e spazio diventa quindi un compito impegnativo, data la natura dei dati storici ricavabili dalle fonti. Nei casi in cui questi siano accurati e chiari per dimensioni e date, l’utilizzo del GIS è relativamente semplice (ad esempio una serie di particelle poderali da catasto storico); ma nel caso in cui i dati siano accurati nello spazio, ma incerti relativamente al tempo (es. le diverse fasi murarie di un castello) o viceversa, i limiti e le potenzialità delle scelte che si operano sono importanti. Nel caso che qui si presenta i dati hanno una precisa collocazione cronologica, ma riguardano insediamenti in parte non più esistenti o di incerta collocazione topografica e che comunque, all’epoca avevano una rilevanza politica e patrimoniale non facilmente trasformabile in una cifra discreta.

Chiarite queste problematiche, le tre mappe che seguono illustrano il potere signorile del vescovo di Luni tra X e XII secolo, in seguito messo a confronto con poteri concorrenti del XII, al fine di percepire l’evoluzione della situazione all’alba dell’arbitrato del 12024.

Le scansioni temporali scelte sono ampie, in quanto coprono ognuna un secolo. Inizialmente avevo pensato di operare scansioni proporzionali al numero di documenti disponibili, ma i risultati avrebbero dovuto essere artificiosamente integrati per non risultare svianti. I dati sono stati presi esclusivamente dal Codice Pelavicino e hanno considerato solo beni che si presume coprissero una discreta estensione di terreno e implicassero diritti sulle persone (sono state quindi escluse le attestazioni di semplici pezzi di terra). Ad essi è stata attribuita una categoria numerica, che si traduce graficamente in un cerchio proporzionalmente meno ampio. Ovviamente il raggio del cerchio è puramente simbolico e non può essere in nessun caso tradotto in superficie reale.

1: castrum, civitas;

2: curia, burgus, mercatus;

3: curtis; podium; montem; podere, masio, tenuta;

4: silva; saltaria; braida.

Quando attestati, il dominio o la proprietà di un bene sono sempre necessariamente pieni: ossia non si è fatto distinzione tra i castelli del solo vescovo e quelli tenuti in co-dominio con altre famiglie signorili, o ancora tra i beni di esclusiva proprietà vescovile e quelli di consorzi familiari fedeli al vescovo. La collocazione dei punti è, nella maggior parte dei casi indicativa, in quanto si è geo-referenziato il punto al centro all’abitato o nelle sue vicinanze: nella fruizione interattiva è possibile evidenziare per tutti i punti il toponimo moderno o quello attestato o lasciare l’indicazione muta. Ogni punto è categorizzato per certezza / incertezza della posizione in una scala da 2 (certo) a zero (incerto), ma questo dato non risulta visibile in mappa.

Domini_vescovo_X_secolo
Fig. 4 I domini del vescovo di Luni nel X secolo.
GIS consultabile all’indirizzo https://tinyurl.com/ConfiniLunigianaGIS

Esaminiamo quanto emerso per il X secolo, la cui documentazione, scarsa per quanto riguarda le transazioni immobiliari correnti, è invece di un certo rilievo per quanto attiene i privilegi imperiali. La mappa individua con molta chiarezza la zona di forte influenza del vescovo nella bassa val di Magra e litorale della marittima (quindi bassa Lunigiana) con il limite settentrionale dato dal promontorio che sovrasta la confluenza tra Vara e Magra (tra Aulla e Montedivalli). Evidente l’interesse del presule per il controllo sul percorso finale del Magra che coincideva in gran parte col percorso della Francigena e che aveva uno sbocco essenziale nel porto fluviale (fig. 4).

Se sovrapponiamo alla carta precedente quanto ricaviamo dalla scarsa documentazione di XII secolo percepiamo il mantenimento delle posizioni già precedentemente acquisite e un’estensione evidente degli interessi vescovili proprio in quello spazio pedemontano apuano notato in precedenza.

Domini_vescovo_XI_secolo
Fig. 5 I domini del vescovo di Luni nel X e XI secolo
GIS consultabile all’indirizzo https://tinyurl.com/ConfiniLunigianaGIS

Quando ci spostiamo nel XII secolo la documentazione arricchisce numericamente e complica di conseguenza il quadro, qui prima visibile isolatamente e poi sovrapposto ai dati precedenti.

Domini_vescovo_XII_secolo
Fig. 6 I domini del vescovo di Luni nel XII secolo
GIS consultabile all’indirizzo https://tinyurl.com/ConfiniLunigianaGIS
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Fig. 7 I domini del vescovo di Luni tra X e XII secolo
GIS consultabile all’indirizzo https://tinyurl.com/ConfiniLunigianaGIS

Pare a mio avviso abbastanza evidente quali siano state le linee di espansione del potere temporale vescovile nel periodo indicato. A parte il comprensibile vuoto di domini vescovili nell’impervio paesaggio apuano, si nota infatti l’intensificarsi della presenza del presule nella bassa Val di Magra, con penetrazioni ulteriori in Versilia e lungo la valle dell’Aulella fino oltre il crinale con la Garfagnana; pressoché nulli gli interessi lungo la Riviera di levante e appena accennati i tentativi di penetrazione in Val di Vara.

Per completezza, a questo quadro dobbiamo ora provare aggiungere anche gli altri signori, ossia la vasta, variegata, intricata compagine di dominati signorili di diverso calibro che le fonti di XII secolo ci restituiscono. Se già con i beni vescovili abbiamo premesso numerosi distinguo, con le attestazioni di castelli, curie, borghi “non vescovili” dobbiamo muoverci con ancora più prudenza e consapevoli che la mappa presenterà indicazioni incerte.

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Source: https://commentbfp.sp.unipi.it/ii-6-la-geografia-del-potere/