Brunella Casalini, Sulla “non-riproduzione” e la “fabbrica dei trans-classe”
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Note per una conversazione con Chantal Jaquet, presso l’Institut français di Firenze, 22 novembre 2023.
¶ 2 Leave a comment on paragraph 2 0 La pubblicazione del romanzo La place (1983) di Annie Ernaux ha prodotto in Francia un fenomeno che non è stato soltanto letterario. Non ha infatti solo dato vita a un nuovo genere: quello della socio-autobiografia, collocato all’incrocio tra l’autobiografia e l’auto-(socio)analisi di Pierre Bourdieu, ma anche dato voce a un gruppo sociale fino a quel momento invisibile e silenziato: quello delle persone transfughe o, meglio, come preferisce definirle Jaquet, delle persone “transclasse”.
¶ 3 Leave a comment on paragraph 3 0 Il neologismo coniato dall’autrice – sul quale tornerò più avanti – non è l’unico elemento di novità introdotto nella riflessione su coloro che si trovano nella loro vita a fare esperienza del passaggio dei confini di classe abbandonando il contesto sociale familiare. Jaquet, infatti, sceglie la filosofia e non lo stile dell’auto-socio-biografia, dell’auto-teoria o dell’auto-fiction, come avviene in molta letteratura contemporanea, non solo francese, che, mescolando personale, sociale e politico, indaga il formarsi di soggettività la cui vita è stata condizionata dai confini costruiti dalla modernità intorno al genere, alla razza e alla classe.
¶ 4 Leave a comment on paragraph 4 0 Il suo lavoro sui/sulle transclasse vuole essere a tutti gli effetti un lavoro filosofico, in cui numerosi riferimenti letterari, da Il rosso e il nero di Stendhal al Gattopardo di Tommaso di Lampedusa, a James Baldwin a Ernaux ed Eribon, per non ricordarne che alcuni, vengono impiegati come materiale dal quale partire per portare il ragionamento ad un più alto livello di astrazione. Un livello di astrazione che consente l’invenzione di concetti che aiutano a collocare in un quadro teorico più ampio il fenomeno. Nel caso specifico l’invenzione di concetti che ci aiutino a capire se il boom dell’auto-sociobiografia nella letteratura contemporanea possa rappresentare l’emergere di un nuovo modo di pensare la relazione tra classe e identità, tra élites e popolo; se possa contenere le potenzialità per dare linfa a un discorso critico nei confronti delle politiche neoliberali. Quello di Jaquet sulle persone “transclasse” è infatti anche un testo che vuole avere un impatto sulla discussione politica contemporanea.
¶ 5 Leave a comment on paragraph 5 0 Nell’intento di lavorare a livello teoretico sul fenomeno dei transclasse, Jaquet – come Ernaux, Eribon e Louis – trova una fonte importante d’ispirazione in Bourdieu. Anche in questo caso, tuttavia, diverso è il modo in cui l’autrice approccia l’opera di Bourdieu.
¶ 6 Leave a comment on paragraph 6 0 Ernaux – ma lo stesso si potrebbe dire di Eribon e Louis – prende le mosse dal Bourdieu della Distinzione, sull’onda di quella che l’autrice di La Place definisce una reconnaissance: “il riconoscimento della separazione – che è il primo senso della parola distinzione – tra i modi di vita a seconda che si appartenga alla classe sociale dominante economicamente e/o culturalmente, alla classe media o alla classe popolare” (Ernaux 2013). Attraverso il riconoscimento dei diversi modi di vita, Ernaux apprende a vedere le “forme invisibili attraverso le quali si esercita il dominio” (ibidem), forme che non utilizzano solo il capitale economico, ma – secondo la lezione di Bourdieu – anche il capitale sociale, il capitale culturale e simbolico.
¶ 7 Leave a comment on paragraph 7 0 Quello della costruzione del corpo di classe (del c.d. “apprentissage par corps” – v. Jaquet 2014, p. 132–, necessario per attraversare i confini di classe) rimane un tema importante anche per Jaquet, soprattutto in relazione all’analisi degli affetti, in particolare della vergogna, del senso di illegittimità provati dal/la transclasse, della rabbia di fronte alle ingiustizie. La sua interrogazione filosofica riguarda, però, principalmente una questione accennata e mai affrontata esplicitamente in Bourdieu. La domanda da cui Jaquet prende le mosse è: com’è possibile, vista l’inerzia dei meccanismi della riproduzione sociale descritti da Bourdieu, fin da Les Héritiers (1964) e La reproduction (1970), che si diano delle eccezioni, dei casi in cui i confini tra le classi vengono attraversati?
¶ 8 Leave a comment on paragraph 8 0 Nelle opere del 1964 e del 1970 Bourdieu e Passeront avevano attaccato il mito della scuola liberatrice, che si era consolidato in Francia con la Terza Repubblica. Contro l’ideologia della mobilità sociale e delle pari opportunità offerte dal sistema scolastico avevano dimostrato, numeri alla mano, che i bambini delle classi popolari erano esclusi dalle carriere scolastiche più prestigiose, dove i figli delle famiglie privilegiate avevano, invece, successo grazie al privilegio culturale ereditato dall’ambiente familiare e ai requisiti pedagogici dominanti a scuola. Una rivoluzione culturale del sistema scolastico era necessaria per rendere la scuola realmente democratica, per far cessare la violenza simbolica che in essa veniva perpetrata nei confronti delle classi popolari, una violenza invisibilizzata attraverso la naturalizzazione di gerarchie di fatto arbitrarie.
¶ 9 Leave a comment on paragraph 9 0 Rispetto al lavoro di Bourdieu l’intento di Jaquet è costruttivo più che critico-demolitivo: si tratta, infatti, di completare la teoria della riproduzione sociale, cercando di spiegare anche ciò che quella teoria non spiega. Paradossalmente, considerato che Bourdieu stesso è stato un “transclasse”, quello che la teoria della riproduzione non spiega è proprio l’eccezione, ovvero la non-riproduzione sociale.
¶ 10 Leave a comment on paragraph 10 0 La scoperta della rilevanza teorica della figura del/la “transclasse”, dell’eccezione, è la scoperta di un terreno sconosciuto e, come tale – dice Jaquet –, un terreno che può essere battuto a partire da diverse prospettive disciplinari, o forse meglio ancora attraversando gli stessi confini disciplinari, con uno sguardo trans-disciplinare, che la filosofia può rendere più acuto e penetrante grazie al lavoro del concetto.
¶ 11 Leave a comment on paragraph 11 0 Al contrario della società castale e della società di antico regime, dove le differenze sono concepite come immutabili, in quanto basate sull’ereditarietà e su una stretta endogamia, la società moderna poggia sul mito dell’uguaglianza dei punti di partenza, sull’idea che gli uomini nascono liberi e uguali, che per questo devono essere riconosciuti loro uguali diritti, superando la logica del privilegio ereditario propria della società pre-moderna.
¶ 12 Leave a comment on paragraph 12 0 Le differenze di potere esistenti devono quindi venire giustificate in modo diverso dall’ereditarietà: a questo è servito storicamente il mito del self-made man e l’ideologia di una mobilità sociale legata al merito. Quest’ultima offre una spiegazione dell’esistenza e del permanere nel tempo delle gerarchie sociali che risulta apparentemente coerente con l’impostazione individualistica, perché asseconda l’illusione che la posizione che si occupa all’interno della società sia il frutto di una scelta, di una diversità di vocazioni e di talenti, per cui “se solo vuoi, puoi”, nascondendo gli effetti prodotti da una struttura sociale che condiziona il destino individuale, che trucca i risultati della lotteria sociale. L’ideologia del merito, inizialmente utilizzata per contrastare il privilegio ereditario della società di ancien régime, consente a chi occupa le posizioni dominanti, a chi è più ricco e potente, di ignorare il privilegio di cui gode socialmente, la natura cumulativa e sistemica dei propri vantaggi sociali, alla quale corrisponde la natura altrettanto cumulativa e sistemica dello svantaggio sociale che ricade sui gruppi sociali dominati o oppressi.
¶ 13 Leave a comment on paragraph 13 0 Uno tra i molti aspetti importanti del lavoro di Jaquet sulla non riproduzione sociale mi pare proprio dato dalla forza dei suoi argomenti contro la meritocrazia, argomenti che spaziano dall’analisi teologica, a quella filosofica e politica (v., in particolare, Jaquet 2022, pp. 17-25).
¶ 14 Leave a comment on paragraph 14 0 Sul piano politico l’autrice insiste sul fatto che la mobilità sociale è strettamente legata all’organizzazione politica della società. E qui possiamo ricordare – sulle orme del ragionamento di Jaquet – che se esiste una maggiore mobilità sociale nei Paesi Scandinavi rispetto alla Francia o all’Italia (secondo il “Global Social Mobility Index” assegna al primo posto si colloca la Danimarca, seguita da Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda; la Francia si colloca il 12esima posizione, l’Italia in 34esima) non è una questione di merito, ma di organizzazione sociale, di promozione sociale operata attraverso maggiori investimenti in termini di welfare. In Danimarca, paese che è riuscito a portare alla laurea metà dei suoi giovani, l’Università è gratis e lo Stato garantisce uno stipendio di 825 euro a ogni giovane che vive da solo (Riva 2023). In Italia dal 2001, sulla base delle informazioni che vengono dal Ministero dell’Istruzione, solo il 30% dei diplomati si iscrive all’università. Nel nostro paese, inoltre, preoccupa la carenza di diversità sociale all’interno delle scuole, il loro carattere classista, che indica una polarizzazione delle opportunità e quindi l’incapacità del sistema scolastico di agire in direzione di una diminuzione delle disuguaglianze sociali. Ancora più preoccupante è il fenomeno dei NEET, di coloro che non sono occupati, non cercano un’occupazione e non studiano, che hanno raggiunto una percentuale intorno al 20%.
¶ 15 Leave a comment on paragraph 15 0 La critica di Jaquet va, però, oltre la riflessione storico-politica, e analizza le implicazioni dell’idea di merito da un punto di vista filosofico: il merito può essere definito solo sulla base dei parametri che la società si è data e si dà, non è riconoscibile in sé. Dietro all’ideologia del merito c’è la spinta ad una competizione che mira al conformismo, sebbene inneggi all’innovazione: ti premio perché raggiungi il risultato, il traguardo, che io, come società, ho fissato a priori o che posso decidere a posteriori. La logica che sta dietro al merito è – spiega Jaquet – una logica retributiva: si premia quanto si è concordato o quanto a posteriori si decide di considerare degno di un particolare riconoscimento.
¶ 16 Leave a comment on paragraph 16 0 L’ideologia del merito produce almeno tre effetti fondamentali ai fini della legittimazione dell’esistente. Attraverso il mito del merito la classe dominante può ignorare le origini del proprio privilegio, può ignorare la “fabbrica” che lo ha prodotto, o – come si dice negli studi sulla white ignorance – può ignorare di avere un potere che nasce dal privilegio. La classe subordinata, per contro, vede ricondotta la natura dei propri svantaggi sociali ad una sorta di difetto antropologico – una caratteristica che è spesso presente negli studi sulla povertà e nella retorica neoliberale della responsabilizzazione individuale. L’ideologia del merito, in questo modo, neutralizza il conflitto, negando l’esistenza delle classi, trasformando la lotta di classe in una competizione per i posti migliori all’interno della società.
¶ 17 Leave a comment on paragraph 17 0 I meccanismi di selezione sociale funzionano, per Jaquet come prima di lei per Bourdieu, attraverso un gioco che avviene con “dadi truccati” (“les dés pipés”). Nell’esperienza dei transclasse emerge il carattere fondamentale rivestito dall’esistenza di borse di studio, di servizi e risorse accessibili al di fuori del mercato. Da questo punto di vista, la percezione di un irrigidimento delle barriere tra le classi nelle società contemporanee per effetto delle politiche neoliberali di austerità e di tagli al welfare è senz’altro tra le molle che hanno spinto Jaquet a impegnarsi in questa riflessione.
¶ 18 Leave a comment on paragraph 18 0 Mi sono avvicinata al lavoro di Jaquet sulla non-riproduzione sociale un po’ per caso, mentre stavo lavorando sulla questione dell’early child education and care e, più in particolare, sui programmi dedicati al rafforzamento delle competenze genitoriali come strumento di contrasto alla povertà – temi a cui sono arrivata attraverso l’esperienza dell’insegnamento in un corso di servizio sociale. Questi programmi – su cui è aperto un grosso dibattito in Francia (basta pensare agli importanti lavori di Gérard Neyrand sul “dispositif de parentalité”, v., per esempio, Neyrand 2012)– nascono, a cominciare almeno dagli anni Novanta, su impulso di vari organismi internazionali, tra i quali la Banca mondiale della svolta dal Washington Consensus al c.d. post-Washington Consensus (Fine, Rose 2003), per effetto dell’adozione del paradigma del capitale umano e, contemporaneamente, della divulgazione dei risultati delle neuroscienze sui primi 1000 giorni di vita del bambino. L’idea è che si debba intervenire sulle competenze genitoriali e sul rapporto genitore (leggi madre) e bambino in quella fase specifica della vita perché è in quel momento che il cervello umano mostra la massima plasticità, è in quella fase della vita che si gettano le basi per la costruzione del suo futuro, da lì dipende la possibilità del suo successo scolastico, ecc. Quest’intervento è ritenuto necessario soprattutto a sostegno della genitorialità nelle classi più povere della popolazione, come strumento per prevenire l’abbandono scolastico, maternità precoci, percorsi di devianza giovanile.
¶ 19 Leave a comment on paragraph 19 0 Contro questa visione che, purtroppo, ha avuto ampia diffusione nell’ambito delle politiche sociali in molti paesi, la lettura del testo di Jaquet è un invito a confrontarsi con e a guardare la complessità. Il modo in cui nel suo lavoro si ricostruisce il funzionamento dei meccanismi tanto della riproduzione quanto della non-riproduzione sociale, infatti, è in grado di scoraggiare qualsiasi tentativo di semplificare i percorsi di un’esistenza individuale riconducendola a un’unica causa prima determinante. Contro questo tipo di semplificazione, che è il prodotto dell’individualismo metodologico, il lavoro di Jaquet, specialista spinozista, fa appello alle risorse offerte da un “pensiero combinatorio”, attento ai molteplici fili che s’intessono e s’intrecciano nella trama di un’esistenza individuale, alla complessità di passaggi che possono avvenire tanto per effetto di forze tanto propulsive che espulsive, tanto attrattive che repulsive.
¶ 20 Leave a comment on paragraph 20 0 Per esemplificare, nella biografia di Ernaux la figura materna può essere considerata un vettore propulsivo, mentre nei percorsi di Eribon e di Louis l’essere gay in un contesto omofobo, come quello di una classe operaia legata ad una certa immagine della virilità, ha rappresentato una forza espulsiva. Né i fattori propulsivi né quelli espulsivi spiegano, d’altra parte, da soli un percorso biografico, che è sempre il frutto di una trama complessa, in cui molteplici fili si intrecciano – non a caso l’autrice utilizza l’idea spinoziana della complexion. Anche fattori quali l’ordine di nascita o il genere possono fare la differenza, pur partendo dallo stesso contesto familiare; così come può essere un ponte verso una realtà diversa da quella in cui si vive, un elemento catalizzatore di un cambiamento in una direzione imprevista, l’incontro con una figura di riferimento che funge da modello, che si tratti di una/un amica/o, di una/un insegnate, di un personaggio letterario, ecc.
¶ 21 Leave a comment on paragraph 21 0 Venendo alle ragioni per cui Jaquet conia il termine “transclasse”, la scelta è dettata dalla necessità di individuare un’alternativa a espressioni quali “transfuge de classe” – più spesso utilizzato nella letteratura di cui parlavo all’inizio –, o a termini quali parvenu e declassé, e da ultimo anche a quello di “nomade sociale”, proposto da Gérald Bronner (2023). Nel giustificare la scelta di questo neologismo fa appello ad una molteplicità di ragioni.
¶ 22 Leave a comment on paragraph 22 0 Il termine “transfuga” rimanda all’idea della volontà di fuga, di una persona che ha voluto abbandonare e tradire il suo campo e il suo posto, e in questo senso, che si tratti di un movimento ascendente o discendente, ha sempre un’accezione in parte negativa. Questo è ancora più evidente nel caso del termine “parvenu”, che ha una connotazione denigratoria in quanto presuppone che il rapido passaggio ad una classe superiore non sia riuscita a cancellare le tracce del passato, attraverso l’acquisizione di una mentalità, di uno stile di vita, di un modo di parlare, di vestire, ecc., adeguato allo status raggiunto.
¶ 23 Leave a comment on paragraph 23 0 Jaquet preferisce “transclasse” perché assiologicamente neutro rispetto alla direzione del passaggio, soprattutto rispetto al concetto di “mobilità sociale” che tende a guardare prevalentemente ai passaggi ascensionali e a dipingere il passaggio come qualcosa di positivo e persino eroico.
¶ 24 Leave a comment on paragraph 24 0 A differenza del concetto di “mobilità sociale”, poi, il termine “transclasse” si sofferma sugli attori del passaggio e sul momento del passaggio, quindi – si potrebbe dire – sul significato sociale dei confini – cosa che una scelta come quella dell’espressione “nomade sociale” di Bronner semplicemente rimuove dalla scena dei rapporti sociali, evitando di fare i conti con la distribuzione differenziale del potere tra i diversi gruppi sociali.
¶ 25 Leave a comment on paragraph 25 0 Transclasse è un termine coniato in analogia con il termine “transessuale” e vuole, da questo punto di vista, evocare la possibilità di una coalizione tra le diverse lotte per il superamento dei confini e la gerarchizzazione degli spazi e delle identità – come evoca anche il richiamo al fenomeno del passing nell’esperienza dei neri negli Stati Uniti d’America.
¶ 26 Leave a comment on paragraph 26 0 Il termine transclasse è assiologicamente neutro anche rispetto alle potenzialità rivoluzionarie dell’essere “trans”, del fare esperienza del passaggio dei confini. Chi occupa lo spazio del/la transclasse – e da questo punto di vista è ancora interessante l’analogia con la persona trans – non mette di per sé in discussione l’esistenza delle classi, così come le esistenze trans di per sé non mettono in discussione il binarismo di genere. La singola esperienza e storia trans può persino essere utilizzata strumentalmente per rafforzare i confini esistenti. Tuttavia, nel momento in cui si è innalzato il coro delle voci che hanno raccontato e raccontano, attraverso le loro auto-biografie e auto-sociobiografie, l’esperienza del passaggio, con il travaglio, il lavoro su di sé, che quel passaggio ha comportato e comporta nella vita del transclasse, lo slittamento del discorso da un piano individuale a un piano collettivo ha suscitato la spinta a una riflessione la cui natura è potenzialmente politica – come emerge dal dibattito pubblico che intorno alla figura dei transclasse è sorto in Francia.
¶ 27 Leave a comment on paragraph 27 0 Sarebbe interessante indagare ulteriormente le ragioni che hanno permesso l’articolazione e l’ascolto delle voci dei transclasse. Forse, il fatto che la crisi attuale del sistema capitalista non è oggi evidentemente solo una crisi economica, ma anche una crisi, sociale, ambientale e della cura che mette in discussione o inizia a far vedere delle crepe negli stili di vita e nelle forme di pensiero della borghesia, che comincia a mettere in crisi l’idea dell’individuo imprenditore di sé, a mostrarne i costi insostenibili, anche solo in termini di salute mentale – come il fenomeno delle grandi dimissioni durante la pandemia sembrava far pensare. Forse, è legato anche al fatto che negli ultimi due decenni, soprattutto dopo la crisi del 2008, si è registrato un incremento rapido della popolazione coinvolta nel fenomeno della povertà, un generale arretramento dei redditi di tutte le famiglie e una crescente precarizzazione del lavoro. Sarebbe interessante, poi, comprendere perché i racconti di transclasse che hanno sperimentato una discesa, piuttosto che un’ascesa sociale, siano così rari.
¶ 28 Leave a comment on paragraph 28 0 La persona “transclasse” appare in questo dibattito come titolare di un privilegio epistemico che le deriva proprio dal suo posizionamento, dal suo stare “tra”, nel limen, nello spazio della liminalità – si potrebbe dire, andando oltre i riferimenti bibliografici di Jaquet, e riprendendo un concetto coniato da Victor Turner (2017) e poi ulteriormente sviluppato in autrici quali quali Gloria Anzaldúa (2022) e María Lugones (2003). Questo stare sui confini consente alla persona transclasse di svelare i meccanismi attraverso i quali la riproduzione sociale agisce anche quando mascherata dalle forme della non riproduzione, ovvero attraverso la costruzione dell’eccezione. L’esistenza stessa del fenomeno dei transclasse mostra, d’altra parte, nonostante le difficoltà derivanti dal condizionamento dei rapporti di potere e dominio, la possibilità della comunicazione tra classi popolari ed élites, in un momento in cui il divario sociale si sta ampliando e la polarizzazione della società sembra renderlo impossibile. Infine, lascia spazio alla possibilità di immaginare mondi altri, in cui si danno diversi rapporti con gli oggetti, con lo spazio, con il tempo, con il proprio corpo.
¶ 29 Leave a comment on paragraph 29 0 Quello dei/delle transclasse è un privilegio epistemico che è stato spesso messo in luce nella letteratura del border thinking, del pensiero decoloniale, un privilegio che si acquisisce attraverso la riflessione sull’esperienza del viaggiare tra mondi, o meglio da quel particolare viaggiare tra mondi, irriducibile – come direbbe Lugones (2003) – all’esperienza del turista o del conquistatore coloniale, che consiste nel sostare nei diversi spazi, sperimentando il proprio essere e apparire differenti a seconda del mondo in cui ci si trova, nel sentirsi internamente divisi tra diverse fedeltà, nel sentire la molteplicità del proprio sé e, grazie alla possibilità di vedere il mondo da diverse prospettive, anche nel trovarsi nelle condizioni per poter esercitare una critica del paradigma dominante, delle condizioni strutturali dell’ingiustizia.
¶ 30 Leave a comment on paragraph 30 0 Il rimando al pensiero del femminismo latino-americano che qui propongo, ampliando i riferimenti possibili sul tema dei confini e del loro attraversamento, suggerisce un’ulteriore riflessione. Il concetto di transclasse e quello di complexion offrono nel testo di Jaquet l’occasione per rivolgere una critica molto dura al concetto di identità e, insieme, alla politica dell’identità e del riconoscimento. Nella nozione di identità l’autrice scorge il pericolo dell’essenzialismo, di una sopravvalutazione del carattere unitario del soggetto. La persona transclasse, infatti, è tanto un prodotto di processi di identificazione, di imitazione, quanto di processi di deindentificazione, la sua identità è complessa, plurale, ambigua: è una “transindentità”, frutto non tanto dell’interazione quanto di veri e propri processi “transindividuali”, ovvero del contemporaneo farsi di collettivo e individuale.
¶ 31 Leave a comment on paragraph 31 0 Si può non spingersi fino a pensare che la critica condotta nei confronti dell’identità in nome del fatto che ognuno di noi contiene moltitudini debba portare necessariamente ad un abbandono del concetto di identità tout court. Penso, per esempio, alla proposta di una filosofa americana quale Linda Martín Alcoff (2005) che, pur avanzando critiche analoghe, propone una ridefinizione della nozione di identità come orizzonte dell’interpretazione, che dà conto della collocazione del soggetto all’interno della struttura sociale, del suo particolare punto di vista situato. Abbiamo sicuramente bisogno di una critica del concetto di identità che ci allontani dalle derive regressive di una certa politica dell’identità e tenga conto del nostro essere trasformati dagli altri quanto dal nostro trasformarci con gli altri (Ortega 2016). Tuttavia, questo potrebbe voler dire ripensare il concetto di identità, più che liquidarlo, così che renda possibile proprio quella politica coalizionale della solidarietà che Jaquet profila nelle conclusioni di Les transclasses.
¶ 32 Leave a comment on paragraph 32 0 Il viaggiare tra mondi e, ancora di più il trovarsi al crocevia tra più mondi, comporta nel soggetto — scrive Jaquet — una particolare fluctuatio animi: il vissuto di forti sentimenti ambivalenti. Tra tutti gli affetti uno, in particolare, ritorna insistentemente nelle narrazioni dei transclasse: la vergogna. Affetto connesso al sentirsi “fuori posto”: fuori posto rispetto al luogo da cui si proviene, fuori posto rispetto al luogo in cui si arriva; e sempre guardati da uno sguardo giudicante: lo sguardo che stigmatizza la differenza di cui sono portatrici le classi popolari. Per liberarsi da questo affetto, che fa oscillare tra il senso di colpa verso chi si è lasciato alle nostre spalle e il sentirsi impostori nell’ambiente nel quale si è approdati, è necessario un lavoro su se stessi che passi dalla riconciliazione con il passato, una riconciliazione che trasformi il sentimento di vergogna in un sentimento di rabbia verso l’ingiustizia. Probabilmente, questo passaggio comporta l’attraversamento di quella fase intermedia su cui si è soffermata la filosofia Cynthia Cruz in un testo di recente pubblicazione: mi riferisco al passaggio attraverso il sentimento depressivo della melanconia. Un sentimento che nasce nel momento in cui l’elaborazione del lutto diventa impossibile, perché il soggetto non sa esattamente in cosa consista l’oggetto perduto e non può non nutrire verso di esso un sentimento ambivalente oscillante tra l’odio e l’amore (cfr. Cruz 2022, pp. 83-84). Il transclasse nel passaggio dalla classe di origine alla classe sociale cui approda diventa un’altra persona (né working class né borghese): perde il proprio posto senza acquisirne realmente un altro, se non mascherando o tacendo le proprie origini, ovvero se non rinunciando a, o tradendo, una parte di sé.
¶ 33 Leave a comment on paragraph 33 0 La figura del transclasse non deve essere utilizzata per farne un uso strumentale, utile a rafforzare il mito della mobilità sociale. Da questo punto di vista, anzi, la riflessione sui percorsi delle persone transclasse nasce dalla denuncia del peso che ancora oggi hanno le gerarchie sociali e le disuguaglianze economico-sociali sui destini individuali, mettendo in luce come la dimensione di classe si estenda ad aspetti invisibili, nascosti, e sia sorretta da potenti dinamiche affettive. L’ideale da promuovere dovrebbe essere piuttosto quello di una società senza classi, capace di sconfiggere – come dice nel volume Juste en passant (2021), che nasce da una conversazione con Jean-Marie Durand – le forme di disuguaglianza e di segregazione che sono all’origine del “«règne del MOI»: misère, oppression e injustice” (ivi, p. 35), una società in cui, finalmente, ogni individuo possa inseguire i più diversi modelli o oggetti del desiderio senza sentire di tradire l’identità che viene dalle proprie origini, che rimane un’eredità non annullabile né cancellabile.
Bibliografia
¶ 34 Leave a comment on paragraph 34 0 Anzaldúa G. E., Terre di confine/La frontera. La nuova mestiza (1987), a cura di Paola Zaccaria, Firenze, Black Coffee, 2022.
¶ 35 Leave a comment on paragraph 35 0 Cruz C., 2022, Melanconia di classe. Manifesto per la working class, tr. it. di Paola De Angelis, Blu Atlantide, Roma.
¶ 36 Leave a comment on paragraph 36 0 Bronner G., 2023, Les origines: Pourquoi devient-on qui l’est?, Autrement, Flammarion, Paris.
¶ 37 Leave a comment on paragraph 37 0 Ernaux A., 2013, La distinction, oeuvre totale et révolutionnaire, in Louis E., 2013, Pierre Bourdieu. L’insoummission en héritage, puf, Paris, pp. 23-54.
¶ 38 Leave a comment on paragraph 38 0 Fine B., Rose P., 2003, Education and the Post-Washington Consensus, in B. Fine, C. Lapavitsas, J. Pincus, a cura di, Development Policy in the Twenty-First Century. Beyond the Post-Washington Consensus, Routledge, London.
¶ 39 Leave a comment on paragraph 39 0 Jaquet C., 2014, Les transclasses, ou la non reproduction, puf, Paris.
¶ 40 Leave a comment on paragraph 40 0 Jaquet C., J.-M. Durand, 2021, Juste en Passant, puf, Paris.
¶ 41 Leave a comment on paragraph 41 0 Jaquet C. e Bras G., a c. di, 2022, La fabrique des transclasses, puf, Paris.
¶ 42 Leave a comment on paragraph 42 0 Lugones M., 2003, Pilgrimages/Peregrinajes: Theorizing Coalition Against Multiple Oppressions, Lanham, Boulder, New York, Oxford, Rowman & Littlefield Publishers, 2003
Martín Alcoff L., 2005, Visible Identities: Race, Gender, and the Self, Oxford University Press, Oxford.
¶ 44 Leave a comment on paragraph 44 0 Neyrand G., 2012, Soutenir et contrȏler les parents. Le dispositif de paretalité, érès, Paris.
¶ 45 Leave a comment on paragraph 45 0 Ortega M., 2016, In-Between: Latina Feminist Phenomenology, Multiplicity, and the Self, State University Press of New York.
¶ 46 Leave a comment on paragraph 46 0 Turner V., 2017, Limen and Communitas, in Andrew Strathern, Pamela J. Stewart (a cura di), Ritual, London, Routledge.
¶ 47
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Riva O., 2023, Benvenuti nel Paese dove ti pagano per studiare, “Corriere della sera”:
https://www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/danimarca/>
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