III.2 – I Saraceni
E. Salvatori, Il fegato del vescovo – III.2 – I Saraceni
Rimandando alle note conclusive il rilievo della leggenda normanna entro la creazione del mito della distruzione di Luni, è ora il tempo di dedicare spazio agli altri grandi assalitori della ex colonia romana: i Saraceni. Qui le prove a favore di attacchi realmente avvenuti sono decisamente più solide, anche se – data la laconicità delle fonti – non sempre facilmente interpretabili.
La prima incursione si sarebbe svolta nell’849 ed è attestata da un’unica fonte, benché autorevole, gli Annali bertiniani nella sezione scritta da Prudenzio:
Nordmanni Petrocorium (Perigueux) Aquitaniae civitatem populantes incendunt atque inpune ad naves remeant. Mauri et Saraceni Lunam Italiae civitatem depredantes, nullo obsistente maritima omnia usque ad Provinciam devastant.1
Guardando al contesto Mediterraneo del IX secolo, la notizia dell’attacco risulta più che plausibile. Sappiamo infatti che in quell’epoca il mare nostrum era sostanzialmente «un mare musulmano, attraversato da operatori musulmani e da mercanti ebrei collegati tra loro da una trama di relazioni, rapporti e corrispondenze»2. In particolare nel IX secolo il meridione italiano subì continui attacchi musulmani rispetto ai quali la frantumazione politica dei tanti potentati locali rese la resistenza del tutto insufficiente3: la progressiva conquista della Sicilia, iniziata nell’827 diede infatti una base logistica formidabile ai corsari saraceni, che trovarono comunque modo di stringere anche proficue alleanze con alcune città del sud (Geta, Napoli, Amalfi) e di creare nella costa peninsulare numerose teste di ponte più o meno stabili. Gli attacchi furono frequenti e sanguinosi: solo nell’846 vennero attaccate Roma – con la devastazione della basilica di S. Pietro -, Ischia, Napoli, Ponza, Montecassino, Aquino ed Arce. Abbiamo nel medesimo periodo le prime notizie relative a iniziative delle autorità carolingie di difesa delle coste tirreniche e della Corsica. Nell’806, il re d’Italia Pipino inviò una flotta in Corsica e, l’anno successivo, l’imperatore dispose l’invio di una squadra navale col medesimo obiettivo; nel 828 Lotario I diede incarico a Bonifacio II, conte–duca di Lucca, di guidare una spedizione marittima contro gli arabi dell’Ifriqiya che avevano cominciato a spingersi nell’alto Tirreno e Luni fu probabilmente uno dei porti di armamento4. Dato il contesto, quindi, l’attacco dell’849 risulta più che plausibile, anche nella curiosa menzione dell’accoppiata Mauri et Saraceni, visto che l’attacco a Roma di tre anni prima proveniva dallo spazio iberico.
Le fonti attestano un secondo attacco islamico a Luni, questa volta certamente perpetrato da Mori, ma più di un secolo e mezzo dopo quello dell’849. Il contesto è quello ormai bel noto avamposto creato Muº…hid al-‘Am†r† in Sardegna nel secondo decennio dell’XI secolo. Muº…hid era un ufficiale anziano sotto gli Amiridi, probabilmente governatore delle isole Baleari e di Denia all’inizio della fitna (1009), il periodo di scontri che portò alla fine del califfato Omayyade. Il ruolo di governatore militare nelle maggiori città-arsenali di al-Andalus dovette dargli da un lato una profonda conoscenza dello scacchiere mediterraneo e dall’altro una discreta influenza sulla flotta califfale: elementi che potrebbero essere all’origine di un suo primo attacco a Pisa nel 10115. La scelta di Muº…hid di creare un proprio avamposto in Sardegna scatenò la prima reazione anti-saracena in coalizione pisano-genovese, sviluppatasi nel corso dei due anni 1015 e 10166. Per l’ex governatore amiride, già signore di Denia e poi re delle Baleari, la Sardegna sarebbe stato il secondo passo verso l’obiettivo di creare una vera e propria talassocrazia, posta sulla rotta tra Maiorca e la Sicilia7. La conquista della Sardegna rese ovviamente vulnerabile tutta la costa tirrenica della penisola italica, come dimostrò la scorreria su Luni del 1016. L’unico cronista che la riporta è però il vescovo Tiethmaro di Merseburg, contemporaneo agli eventi. Lo fa in un passo del suo Chronicon relativo a un periodo successivo al febbraio 1016, plausibilmente da porsi nel corso dell’estate. Qui ci informa che l’arrivo di Saraceni a Luni mise in fuga il vescovo e portò ad atti di violenza sulle donne. L’ignobile comportamento scatenò l’indignazione del pontefice Benedetto VIII che si adoperò radunare tutti i capi e i difensori della Chiesa affinché eliminassero militarmente il problema. Il re saraceno cercò di fuggire, ma venne intercettato dalla coalizione cristiana, che lo sconfisse dopo tre giorni di battaglia e decapitò la regina. Il bottino recuperato fu in parte cortesemente consegnato dal pontefice all’imperatore. In reazione alla sconfitta Muº…hid mandò a Benedetto VIII un sacco di castagne come metafora del numero dei guerrieri musulmani che avrebbe rilasciato nel continente; ma il papa avrebbe risposto con un sacco di miglio a rappresentare i guerrieri cristiani in attesa.
In Longabardia Saraceni navigio venientes Lunam civitatem, fugato pastore invadunt et cum potentia ac securitate fines illius regionis inhabitant et uxoribus incolarum abutuntur. Quod cum domno apostolico nomine Benedicto fama deferret, omnes sanctae matris aecclesiae tam rectores quam defensores congregans rogat ac precipit, ut inimicos Christi talia presumentes viriliter secum inrumperent et adiuvante Domino occiderent. Insuper ineffabilem navium multitudinem tacito premisit, quae eis redeundi possibilitatem interciperet. Hoc rex Saracenus animadvertens primo indignatur et tandem paucis comitatus navicula periculum imminens evasit; sui vero omnes conveniunt et adventantes prius irruunt hostes eosque mox fugientes, miserabile dictu, III dies et noctes prosternunt. Respexit tandem Deus gemitu piorum placatus et odientes se fugavit et in tantum devicit, ut nec uno de hiis relicto interfectorum et eorundem spoliorum multitudinem victores numerare nequirent. Tunc regina eorum capta [ob] audaciam viri capite plectitur. Aurum capitale eiusdem, ornamentum. invicem gemmatum, papa sibi pre caeteris vendicavit postque imperatori suam transmisit partem, quae mille libris computabatur. Divisa omni preda victrix turba laeta mente ad propria revertitur et triumphanti Christo dignas persolverat odas. Rex autem predictus, morte coniugis et sociorum admodum turbatus, summo pontifici saccum castaneis refertum remisit et per hunc portitorem tot se in proxima estate milites sibi esse laturos intimavit. Percepta hac legatione papa marsuppium eundem milio plenum internuntio talibus dictis reddidit: ‘Si non sufficiat sibi apostolicam satis laesisse dotem, secundo veniat et tot loricatos vel plus se hic inventurum pro certo sciat.’ Homo cogitat et loquitur, Deus iudicat; quem suppliciter fidelis quisque oret, ut talem plagam misericorditer amoveat et necessariam optatae pacis securitatem pius indulgeat8.
Nella sua cronaca, Tiethmaro inquadra la reazione cristiana alla minaccia islamica del 1015-1016 – attestata da altre fonti – in una visione romanocentrica, che vede colpita solo Luni e valorizza il ruolo del pontefice, con l’aggiunta di aneddoti didascalici. L’attacco alla antica colonia romana, non menzionato altrove, diventa in Thietmaro addirittura il casus belli, l’evento che scatena l’indignazione del capo della cristianità, a causa della messa in fuga del vescovo e della violenza sulle donne, e quindi occasione per mettere in luce la reazione del papa. Questa evidente parzialità getta qualche ombra di dubbio sulla vicenda, dato che gli studi recenti, basati su un ventaglio ampio di fonti, tendono a riconoscere nella spedizione cristiana contro Muº…hid un’impresa avvallata da entrambe le autorità universali e sostenuta militarmente dalle flotte in stanza a Pisa e a Genova. Grazie all’unione di intenti di parte cristiana, Muº…hid venne effettivamente cacciato dalla Sardegna e rimandato a Denia, dove morì intorno al 1044; secondo le fonti pisane la moglie non fu uccisa ma presa prigioniera insieme al figlio9.
Come lo stesso episodio del Muº…hid prefigura, l’XI secolo segna il punto di svolta per le potenze cristiane nell’opera di pacificazione del Mediterraneo. A partire da questo momento le notizie di attacchi islamici si diradano in maniera consistente, per lasciare invece spazio ai racconti di imprese condotte da città o coalizioni cristiane contro il mondo musulmano. Ovviamente anche Luni beneficia di questo cambiamento sostanziale non subendo più, da questo momento in poi, altre incursioni.
In conclusione, la città risulta quindi essere probabilmente stata oggetto di attacchi solo due volte – nell’849 e nel 1016 da parte dei Saraceni e mai da parte dei Normanni. I due attacchi saraceni si svolsero inoltre a oltre un secolo e mezzo di distanza l’uno dall’altro, un delta cronologico troppo ampio per poter assegnare a queste due incursioni una qualsiasi responsabilità relativamente alla decadenza della città, attacchi che solo l’appiattimento prospettico generato da una visione metodologicamente scorretta ha potuto collegare.
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